
"Soldi pubblici. Sono 45 gli scali aperti ai voli di linea e sono costati 2,5 miliardi ai contribuenti italiani ed europei. Molti sono troppo piccoli e non si reggono senza gli aiuti, eppure fioccano i nuovi progetti." Agli interessati, buona lettura. "Benvenuti alla carica dei 101. Tanti sono gli aeroporti civili in Italia, di cui 45 aperti al traffico commerciale. Pensavate che il problema del traffico aereo fosse nella rivalità tra Malpensa e Fiumicino? Macché: ci sono aeroporti aperti con meno di un volo al giorno, come Vicenza, o appena 16 passeggeri nell'ultimo anno, come Taranto Grottaglie, dove però si sono spesi 100 milioni di euro tra finanziamenti della Regione Puglia e dell'Unione Europea. E le necessità di nuovi aeroporti, secondo i sogni dei politici nazionali e locali, sono come gli esami di Eduardo: non finiscono mai. Anzi, si progettano nuovi scali: nel Lazio, per esempio, Viterbo, Latina e Frosinone sono in lotta per trasformare all'uso civile i loro aeroporti militari. E così finiscono in mille rivoli 2,5 miliardi di denaro pubblico stanziati negli ultimi vent'anni: sono stati spesi 682 milioni per Fiumicino e 420 per Malpensa. Ancor di più è andato agli altri aeroporti: 550 milioni di finanziamenti nazionali, quasi 500 milioni di programmi Ue (l'attuale piano riguarda gli aeroporti meridionali), oltre 200 milioni messi dalle regioni. C'è davvero bisogno di tanti scali? In realtà, secondo uno studio della società di consulenza Bain, il problema maggiore è dato dai «limitati volumi di traffico di moltissimi aeroporti italiani, che non sono distribuiti in modo coerente ». E infatti il 60 per cento dei passeggeri vola dai cinque maggiori scali: il sistema aeroportuale di Milano (cioè Malpensa, Linate e Orio al Serio) ha avuto l'anno scorso 36,5 milioni di transiti, contro i 34,6 milioni di quello di Roma (Fiumicino e Ciampino). Segue con 7,6 milioni il sistema dei due aeroporti di Venezia e Treviso, quindi Catania e Napoli con poco più di 5 milioni di passeggeri ciascuno.In tutto sono 21 gli aeroporti italiani con almeno 1 milione di passeggeri all'anno, livello minimo secondo gli standard europei perché lo scalo stia in piedi dal punto di vista economico. Invece, secondo la legge italiana del 1993, sotto i 600 mila passeggeri all'anno lo Stato può intervenire con gli aiuti. E così si moltiplicano gli aeroporti minori anche se hanno un traffico trascurabile e la loro esistenza spesso non è giustificata. Un esperto di aviazione civile ammette: «Basterebbero in Italia 25-30 aeroporti aperti al traffico commerciale». Le compagnie non prendono in considerazione i piccoli aeroporti, se non in cambio di contributi. «Così l'Italia è diventata il paese di Bengodi per le compagnie low cost» avverte un ex manager dell'Alitalia. La Ryanair ha costruito il suo business volando da aeroporti minori, spesso costruiti per passate esigenze militari. «È uno sperpero, spesso i piccoli aeroporti regalano quattrini alle compagnie low cost» precisa un esperto. C'è poi la trasformazione in corso di 16 scali militari in aeroporti civili: tra i maggiori, Verona, Napoli, Cagliari, Treviso e Brindisi. Mentre un esempio di aeroporto che resterà militare ma ospita voli di linea è Trapani: per ammodernarlo si spenderanno 19,9 milioni di euro entro il 2008, incuranti del fatto che è a un'ora di auto da Palermo Punta Raisi, dove invece lo stanziamento complessivo è di 91,5 milioni fino all'anno prossimo, più altri interventi, in programma fino al 2013, per adeguare le infrastrutture. Intanto si sono già spesi 134 milioni per l'aeroporto di Catania, mentre altri 40 sono stanziati per Comiso (recuperando la base dei missili Cruise di Ronald Reagan), che forse potrà servire come scalo alternativo quando l'Etna ricomincerà a oscurare di cenere il cielo di Catania. La moltiplicazione degli aeroporti al Sud non riguarda solo la Sicilia, che vorrebbe pure un nuovo aeroporto ad Agrigento. In Puglia gli esperti dell'Enac (l'Ente nazionale aviazione civile) sono perplessi su Foggia, aeroporto costato 3,1 milioni e che ha avuto l'anno scorso appena 6.714 passeggeri. Mentre Taranto Grottaglie è stato un investimento faraonico soprattutto per consentire il trasporto delle fusoliere del nuovo Boeing costruite dall'Alenia in Puglia e caricate su aerei speciali che voleranno a Seattle, dove vengono assemblati i nuovi velivoli: lo scalo è messo a disposizione a spese dei contribuenti pugliesi ed europei. In più potranno essere previsti un paio di voli di linea al giorno, sovvenzionati, da Taranto a Roma e Milano. Comunque, Nord e Sud sono uniti nello spreco aeroportuale: si vola nella «isolatissima» Albenga (13 mila passeggeri in un anno, investimento 2,8 milioni) e a Cuneo Levaldigi (stanziamento di 3,8 milioni per far volare 26 mila persone). E che dire dei 426 passeggeri transitati nel 2006 a Vicenza, oppure dei 100 che hanno fatto scalo a Biella con 12 voli, uno al mese? Basta? No. Una società di consulenza sta preparando lo sviluppo dell'aeroporto di Parma, che ha avuto l'anno scorso solo 121 mila passeggeri ma potrebbe moltiplicarli, puntando a servire chi deve fare più di un'ora d'auto per andare a Bologna o a Milano. Nell'Italia dei mille campanili, tutti vorrebbero l'aeroporto a 5 minuti da casa. E infatti lo studio Bain mette in evidenza «la mancanza di un coordinamento delle attività a livello regionale: per esempio Rimini e Forlì in diretta concorrenza per lo stesso mercato». E il governo? Sta preparando il nuovo piano nazionale degli aeroporti. Quello precedente risale al 1986: presidente del Consiglio era Bettino Craxi e Romano Prodi era presidente dell'Iri, che controllava l'Alitalia. Ora al vertice della ex compagnia di bandiera c'è Maurizio Prato, fedelissimo di Prodi. Chissà se gli suggerirà un piano anche per gli altri aeroporti, a parte Malpensa da dove l'Alitalia fugge per non fallire."
Nessun commento:
Posta un commento